Osservatorio Tito Lucrezio Caro

 

L’osservatorio T.L.C. (Tito Lucrezio Caro) nacque nel 1990 da una iniziativa di Giorgio Marani , Stefano Orlandi , Enelio Pancaldi e Giancarlo Sette, provenienti tutti, in un modo o nell’altro, da San Vittore. E’ posizionato a 300 m di quota in una vecchia casa di campagna fatta di sassi, a 30 km da Bologna: un vero rudere, ma il cielo è discreto, ed è valsa la pena di costruirvi un tetto scorrevole e di adattarla ad osservatorio. Quando iniziammo, la fotografia digitale non esisteva ancora. Dunque cercammo di organizzare l’attività dell’osservatorio avendo in mente la tradizionale fotografia chimica. Contavamo sulla vasta esperienza in questo campo di Giancarlo Sette, maturata in molti anni di lavoro, sia come astrofilo a San Vittore, sia come tecnico in una ditta di fotolito . Quindi si decise di costruire un telescopio di Schmidt 300/400/800, dunque un rapporto f/2.7, molto veloce ma non esasperato, con ottiche prodotte da Zen.

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Il gruppo del TLC (Mengoli, Nepoti, Orlandi, Sette, Muzzi)

A corredo diversi filtri Shott, un rifrattore di guida 120/1500 con traslatore per la ricerca della stella, un attrezzo per tagliare le pellicole, ed una “macchina” per riscaldarle ed idrogenarle sotto vuoto, a temperatura controllata.

Inoltre attrezzammo una stanza per la stampa su carta in formato 50x60: un bancale per i bagni di sviluppo, fissaggio e lavaggio, ed un ingranditore professionale a grande formato .

Per la costruzione di tutta questa meccanica ci avvalemmo del fondamentale contributo di Giuliano Nepoti, un bravissimo artigiano meccanico appassionato di astronomia e fotografia, che nel frattempo si era unito al gruppo.

Nell’estate del 91 il telescopio ”vide la prima luce”, come si dice, ed iniziammo una serie molto lunga di prove ed esperimenti di sensibilizzazione mediante idrogeno condotti su molte emulsioni, tra cui naturalmente la Technical Pan della Kodak, che alla fine si rivelò la migliore per le foto a bassi livelli di luce.

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La costruzione del tetto scorrevole dell'osservatorio

Dopo di ché organizzammo una ricerca di supernove in una ventina di campi di galassie. Per due anni ogni notte serena era buona per fotografare. Nessun risultato, ma si sa : in queste ricerche è determinante il famoso fattore c .

 
 

 

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L'astrografo del TLC (da sinistra Muzzi, Sette, Mengoli, Nepoti)

Presto si unì al gruppo anche Fabio Muzzi, astrofilo appassionato e fresco dottore in astronomia, oltre che caro amico. Egli contattò il Minor Placet Center, ed iscrisse il nostro osservatorio tra quelli attivi in astrometria, con numero di codice 600.

Tuttavia, non disponendo di misuratori di lastra, l’attività astrometrica vera e propria potè iniziare solo diversi anni dopo, quando divennero accessibili gli scanner commerciali. Lo scanner rese anche possibile convertire in tricromie parecchie immagini in banda rossa, blu, e verde, che avevamo ottenuto negli anni precedenti.

Alla fine degli anni 90 l’attività dell’osservatorio subì un forte rallentamento per vari motivi, e ricominciammo l’astrometria di asteroidi soltanto nel 2003. Proprio in questi anni avanzava a grandi passi la fotografia astronomica digitale, e la Kodak pensò bene (anzi, male) di cessare la produzione della Technical Pan. Momento drammatico, tutta la nostra strumentazione che ci era costata anni di lavoro, resa obsoleta da una rapidissima rivoluzione tecnologica .

Iniziammo una lunga serie di studi di ottica e discussioni sul da farsi, con la partecipazione anche di due vecchi amici appassionati di fotografia astronomica, Ivano Ferri ed Umberto Bonori .

Dato che il progresso vero va accettato, ed anzi accolto con entusiasmo, siamo addivenuti alla decisione di convertire al digitale tutta la strumentazione esistente, ed abbiamo pressoché finito solo in questi giorni, all’inizio del 2008. Per contenere i costi, ed anche perché siamo ancora inesperti in materia, ci limitiamo per ora all’uso di una Canon 350D modificata, posta sulla superficie focale dello Schmidt ; contiamo sul fatto che la forte luminosità dello strumento, consentendo pose brevi, permette l’uso di sensori non rafreddati; è un ripiego, ma una Canon 350D costa 15 volte di meno di un CCD, e questo ha una certa importanza. Stiamo discutendo in questi giorni i programmi osservativi, e contiamo di riprendere l’attività tra non più di due mesi. Per il futuro, se ne avremo la possibilità, cercheremo di dotarci di strumentazione a focale più lunga e più versatile, cioè con piani focali esterni allo strumento, in modo da poter usare ruote portafiltri. I tempi saranno lunghi, ma a questo scopo è già in costruzione una nuova montatura, molto più robusta, che dovrà essere adeguatamente computerizzata.

(Per l’osservatorio T.L.C. , Stefano Orlandi )

 

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Lo strumento in fase di costruzione

 

 
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