La Via Lattea nella scienza

di Ilaria Sganzerla

 

Tutte le stelle che vediamo sparse nel cielo fanno parte di un sistema gigantesco che ne governa il moto e le tiene legate a sé. Questo sistema si chiama galassia e rappresenta il gradino più alto della scala gerarchica in cui sono organizzati i corpi celesti. Come i pianeti ruotano attorno a una stella, così le stelle ruotano attorno al centro della galassia in cui sono immerse e lo fanno insieme agli ammassi globulari, a quelli aperti, alla polvere interstellare e alle nebulose.

L’universo è disseminato di galassie e quando ne osserviamo una al telescopio, stiamo guardando un oggetto lontanissimo, al di fuori del nostro sistema. La galassia dove abitiamo si chiama Via Lattea, nome che gli antichi diedero alla fascia biancastra che attraversa la volta celeste in una sorta di circolo e il cui colore ricorda appunto quello del latte. Latini e greci parlavano infatti di Circolo Latteo e la parola galassia deriva dal greco galaxias che significa latteo. Essi non sapevano che si trattava di una concentrazione di stelle a grandissima distanza da noi, tant’è che si limitavano a descriverne l’aspetto, ma avevano notato che nell’emisfero in cui vivevano, quello boreale, questa fascia aveva la forma di un semicerchio che attraversava diverse costellazioni.

fig.1 fig.2 fig.3 fig.4

Sull’intera volta celeste, le costellazioni interessate dal passaggio della Via Lattea sono trentatré. Partendo dal Polo Nord celeste e scendendo verso l’equatore, la incontriamo in parte della Lucertola e di Cefeo, in Cassiopea, Perseo, Auriga, in un’estremità del Toro e nei Gemelli (Fig. 1). Dalla fascia equatoriale andando verso l’emisfero australe, eccola lambire parte di Orione, sfiorare appena il Cane Minore e investire in pieno invece l’Unicorno per poi toccare parte del Cane Maggiore e passare nell’emisfero australe lungo la Poppa, la Bussola, la Vela, la Carena (Fig. 2), la Croce del Sud, la Mosca, il Compasso, parte del Centauro e del Lupo, il Triangolo Australe, il Regolo, l’Altare, la Corona Australe e lo Scorpione (Fig. 3). Da qui la Via Lattea risale nel nostro emisfero attraversando il Sagittario, una piccola parte del Serpente, lo Scudo, l’Aquila, la Freccia, la Volpetta e parte della Lira, per chiudere infine il giro nel Cigno (Fig. 4).

Fu solo agli inizi del Seicento che Galileo col suo cannocchiale fresco di invenzione, intuì che quella colorazione lattiginosa era in realtà una zona fittissima di stelle, indistinguibili a occhio nudo e appena presumibili nella lente. Oggi le stime dicono che la nostra galassia è popolata da 200 miliardi di stelle.

fig.5 fig.6

Quasi un paio di secoli dopo Galileo, nel 1785, l’astronomo inglese di origine tedesca William Herschel, grazie a una strumentazione più potente, fu il primo a studiare la forma della Via Lattea attraverso un’analisi della distribuzione delle stelle nel cielo. Ne abbozzò un disegno che richiama, seppur ancora vagamente, quello della spirale, che oggi sappiamo essere la struttura della nostra galassia (Fig. 5). D’altra parte l’operazione fu resa tanto più difficile perché la mappa che tracciò era presa da un punto d’osservazione interno. Ciò che Herschel fece fu l’equivalente del disegnare la pianta di una città dalla strada. E’ indubbio che l’approssimazione grafica è molto più elevata che non se si facesse l’operazione da una prospettiva aerea. Ma se un’osservazione dall’esterno per ovvi motivi non è possibile, è indubbio che il suo lavoro fu estremamente importante perché da lì presero avvio le ricerche sulla Galassia e sulle galassie. L’errore che commise lo scienziato britannico fu purtroppo quello di considerare il Sole al centro del sistema, tesi che fu smentita solo più di un secolo dopo, nel 1917, ad opera dell’astronomo americano Harlow Shapley.

Shapley concentrò i suoi studi sugli ammassi globulari che, nelle galassie spirali, occupano una zona ben precisa chiamata alone e che è una sorta di bolla di almeno 200.000 anni luce di diametro che ingloba il disco spiraleggiante su cui ruotano le stelle (Fig. 6). L’astronomo si accorse che gli ammassi globulari erano distribuiti uniformemente in tutte le direzioni, fuorché in quella del Sagittario, costellazione che più tardi si scoprì indicare il centro galattico. Poiché non c’era alcuna ragione fisica per cui gli ammassi dovessero concentrarsi proprio e solo lì, dedusse che il fenomeno era dovuto alla prospettiva d’osservazione. In pratica, il Sole non era al centro della Galassia, ma si trovava in una zona periferica.

Settant’anni prima, nel 1845, un altro scienziato, l’irlandese Lord Rosse, il cui vero nome era William Parsons, terzo Conte di Rosse, costruì un telescopio la cui risoluzione gli permise di scoprire che esistono due tipi di galassie, quelle a spirale e quelle ellittiche.

fig.7

Negli anni Venti del secolo scorso poi, l’astronomo americano Edwin Hubble riuscì a stabilire che le galassie erano sistemi esterni e che la nostra era solo una fra milioni.

Hubble completò inoltre il lavoro di Rosse, dando una classificazione morfologica dettagliata delle galassie (Fig. 7) e così sappiamo che le galassie ellittiche o spirali possono avere diversi gradi di ellitticità o essere più o meno avviluppate nel caso siano spirali. Le galassie ellittiche sono codificate con la lettera E seguita da un numero che ne esprime l’ellitticità. Si va da 0 per quelle a ellitticità nulla, ossia di forma sferica, a 7 per quelle più allungate. Le spirali invece sono identificate dalla lettera S seguita dalle lettere minuscole a, b o c, le quali danno un’indicazione del grado di avvolgimento dei bracci e della dimensione del nucleo. Le spirali Sa sono quelle con bracci maggiormente avviluppati e nucleo pronunciato. Al contrario, le Sc sono quelle coi bracci più sciolti e nucleo appena accennato.

Alcune spirali inoltre possono presentare una sorta di barra di stelle che taglia a metà il nucleo e si congiunge ai bracci più interni della galassia. Hubble battezzò queste galassie “spirali barrate” e recentemente si è scoperto che la Via Lattea è proprio una di queste. La loro nomenclatura segue quella delle spirali semplici con la differenza che quelle barrate sono indicate con la sigla SB. A questi tre tipi morfologici, ne aggiunse un quarto, quello delle galassie irregolari che presentano appunto una forma non riconducibile ad alcuna figura geometrica regolare. Vi è infine un ultimo tipo di galassie che rappresenta un’eccezione fra le spirali. Sono le galassie lenticolari, indicate come S0. Esse hanno tutti i componenti delle galassie a spirale, ossia il nucleo o bulge, il disco e l’alone, fuorché i bracci.

Ma se Hubble ebbe il merito di scoprire una classificazione morfologica delle galassie, anch’egli come Herschel cadde in un errore di valutazione, ossia considerò la sua classificazione una sequenza evolutiva. Tratto in inganno dal fatto che le galassie ellittiche contenevano in prevalenza stelle vecchie mentre le spirali soprattutto giovani, credette che le galassie nascessero come ellittiche ed evolvessero aprendosi in spirali. Ma gli studi successivi smentirono la sua tesi e oggi sappiamo che le galassie si formano sin da subito di un preciso tipo morfologico che può essere ellittico, lenticolare, spirale e spirale barrato. Solo quelle irregolari sono quasi sempre il risultato di fusioni di galassie venute in collisione fra loro, oppure sono il frutto di deformazioni provocate dai campi gravitazionali di galassie vicine.

fig.8
fig.9

Negli anni ’50 si ebbe infine la conferma sulla forma della Via Lattea quando, con l’avvento della radioastronomia, si studiò la densità dell’idrogeno neutro (HI) nel piano della Galassia alla lunghezza d’onda radio di 21 cm e per la prima volta si ebbe l’evidenza del disegno a spirale (Fig. 8). In base alla sequenza di Hubble inoltre, la Via Lattea è stata classificata come una spirale barrata di tipo intermedio fra il b e il c, ossia una SBbc. La nostra galassia è dunque una spirale e la scia luminosa che vediamo tagliare il cielo è uno dei bracci della spirale. Parliamo di bracci al plurale perché in realtà, la fascia lattiginosa non è sempre la stessa, ma a seconda della costellazione in cui si trova rappresenta una determinata spira.

La Via Lattea in particolare possiede tre bracci: quello di Perseo che è il più esterno, quello di Orione che è quello dove abitiamo noi e quello del Sagittario, la costellazione nelle cui profondità si trova il nucleo galattico (Fig. 9). Il disco che i tre bracci vanno a formare, ha un diametro di 100.000 anni luce e uno spessore di 2000. Ciò significa che un raggio luminoso impiega 100 millenni per andare da un’estremità all’altra della galassia e 20 secoli per percorrerla di traverso. Lungo i bracci di spirale risiedono le stelle più giovani insieme alle nubi cosmiche, quelle ampie estensioni di gas di idrogeno da cui prendono vita le stelle. Il tutto è poi immerso in una quantità abnorme di polvere, la cui presenza è la maggior responsabile dell’occultamento delle regioni centrali della galassia. La polvere inoltre ha la proprietà di arrossare la luce delle stelle, cosicché più denso è lo strato di polvere che i raggi luminosi devono attraversare, più rosso appare l’astro da cui provengono.

Le stelle che popolano la Via Lattea sono state distinte in due gruppi o meglio popolazioni. Si hanno da un lato le stelle di Popolazione II e dall’altro quelle di Popolazione I. Le prime sono le stelle più vecchie della galassia, hanno circa 12 miliardi di anni, dunque risalgono a poco dopo il Big Bang e risiedono sostanzialmente negli ammassi globulari che, a loro volta, stanno nell’alone. Gli ammassi globulari sono addensamenti di centinaia di migliaia di stelle legate tra loro dalla gravità, la cui disposizione spaziale è sferica con diametri di appena 100 anni luce. Come tutte le stelle in età avanzata, le stelle di Popolazione II sono generalmente fredde e poco luminose. Le stelle di Popolazione I potremmo dire che sono invece quelle di seconda generazione e le troviamo sul disco, il quale rappresenta infatti la formazione più recente delle galassie a spirale. La loro caratteristica è di essere brillanti e calde. C’è però una stranezza che riguarda la composizione chimica delle due popolazioni, ed è che le stelle di Popolazione I presentano una maggiore abbondanza di elementi chimici pesanti rispetto a quelle di Popolazione II. Si tratta di un’anomalia in quanto gli elementi pesanti come carbonio, ossigeno e ferro, si formano in una stella sul finire della sua vita e dunque, ci si aspetterebbe di trovarne in quantità maggiore nelle stelle vecchie, ossia in quelle degli ammassi globulari. Questo invece non avviene. Il motivo di questa eccezione è da ricercarsi nel “terreno” in cui si sono formate le stelle più recenti. Esse infatti si sono formate dalle nubi cosmiche di idrogeno, il cui gas presentava contaminazioni di elementi chimici pesanti provenienti da precedenti generazioni di stelle. In pratica, le stelle più vecchie e con la caratteristica di possedere una grande massa, hanno terminato il loro ciclo evolutivo esplodendo in Supernovae e così facendo hanno disperso nello spazio gli elementi pesanti che esse stesse avevano originato. In questo modo le nubi cosmiche da cui sarebbero scaturite le stelle di seconda generazione, presentavano un arricchimento di questi elementi. Le nubi in cui nacquero le stelle di prima generazione erano invece composte esclusivamente da idrogeno, il maggior costituente, e da elio, deuterio e litio, gli unici elementi che scaturirono dal Big Bang; gli elementi più pesanti, quelli dal carbonio al ferro, sono invece prodotti esclusivamente dalle stelle e poterono quindi formarsi solo dopo la morte delle prime stelle.

Il nostro Sole è una stella di Popolazione I e si trova infatti sul disco galattico in uno dei bracci di spirale. In particolare è situato a 26.000 anni luce dal centro, ossia a circa 2/3 del raggio del disco (Fig. 6). Questa posizione periferica che Herschel probabilmente avrebbe disprezzato, risulta invece preziosa perché ci permette di “guardare fuori” e osservare le altre galassie. Ma prima di vedere il paesaggio cosmico che si spalanca dinanzi alla nostra galassia, è bene spendere ancora qualche parola sulla posizione che il Sole ha nella Via Lattea e sulle altre conseguenze ad essa legate. Le stelle del disco ruotano intorno al bulge, le cui stelle a loro volta ruotano attorno al centro del bulge e la velocità con cui compiono questa rotazione segue la legge di gravitazione universale di Newton, una cui conseguenza è che la velocità diminuisce man mano che ci si allontana dal centro. Alla distanza di 26.000 anni luce, il Sole viaggia nella Galassia a 220 km/s impiegando così 220 milioni di anni per completare un giro. Il suo moto avviene poi in direzione del Cigno.

Se tutte le stelle ruotano attorno al centro della Galassia, viene spontaneo chiedersi in che cosa consista il fulcro. Ebbene l’ipotesi più accreditata è che il cuore della Via Lattea sia un Buco Nero la cui massa è 4 milioni di volte quella del Sole, un valore ancora contenuto se confrontato con quello di molte altre galassie studiate. Se così è, esso è il responsabile del movimento dell’intera struttura che lo circonda. L’argomento porta senz’altro a chiedersi anche come si sia formato e come si sia formata la galassia e la struttura spiraleggiante. Una risposta certa e definitiva a queste domande ancora non c’è, ma la cosmologia, quella branca dell’astronomia che si occupa di studiare l’origine e l’evoluzione dell’Universo, sta lavorando assiduamente a riguardo. Quello che per ora si può affermare con buon margine di sicurezza è che le prime galassie si sono formate poco dopo il Big Bang.

Il Big Bang è l’Evento da cui ebbe origine l’Universo e si ritiene sia consistito in un grande scoppio, come significa il nome che gli si è dato. Le ultime stime su quando avvenne, parlano di 13 miliardi e 750 milioni di anni fa. Le galassie più antiche si sarebbero formate a partire da 500 milioni di anni dopo il Big Bang e sarebbero scaturite da aggregazioni di materia provocate da piccole fluttuazioni nella densità dell’universo. In pratica, i gruppi di materia condensata che qua e là si formarono, costituirono le cosiddette proto-galassie, ossia embrioni delle future galassie, ed esse erano fatte da idrogeno, elio e materia oscura legate tra loro dalla gravità. La materia oscura deve il suo nome al fatto che non se ne conosce la natura. Le indagini sono ancora in corso e interessano enormemente la comunità degli astronomi poiché essa rappresenta il maggior costituente dell’Universo. La materia luminosa, sia che essa emetta o che rifletta luce, costituisce solo il 10% dell’intero cosmo. Il restante 90% è ancora sconosciuto.

Poco tempo dopo la formazione delle proto-galassie, l’idrogeno e l’elio cominciarono a condensare e si accesero così le prime stelle ed esse diedero vita alle galassie. L’età della Via Lattea, seppur ancora incerta, si aggira sui 13 miliardi e 200 milioni di anni, ossia sarebbe nata 550 milioni di anni dopo il Big Bang, in accordo con la teoria della formazione delle galassie. Il Sole, che si è formato 5 miliardi di anni fa, ha girato finora attorno ad essa circa 23 volte.

fig.10

Insieme alla nostra stella, ruota naturalmente attorno alla Galassia anche il Sistema Solare così che questo giro di giostra ci permetterebbe di vedere tutte le galassie che circondano la Via Lattea. Ma la vita umana è davvero troppo breve di fronte a questi giganti dell’Universo, così dobbiamo accontentarci di osservare quanto è nei nostri paraggi al tempo presente. Lo spettacolo comunque è tutt’altro che misero perché, al di fuori della nostra galassia, centinaia di migliaia fra spirali, ellittiche o irregolari brillano in vari colori, sparse in ogni dove come fossero caramelle gettate da una mano generosa.

Quello che si è scoperto è che le galassie, in virtù della gravità che esercitano sulle loro vicine, tendono a loro volta a raggrupparsi. Si parla allora di Ammassi di Galassie.

Anche la Via Lattea non fa eccezione e appartiene a un aggregato che contiene una ventina di galassie distribuite su un volume sferico di 3 milioni di anni luce di diametro, chiamato Gruppo Locale (Fig. 10).

Le sue galassie più grandi sono la nostra, Andromeda nell’omonima costellazione che è una spirale grande il doppio della Via Lattea (Fig. 11) e M33 nel Triangolo con un diametro di circa 60.000 anni luce (Fig. 12).

Vi sono poi quattro galassie irregolari con estensioni che vanno dai 10.000 ai 40.000 anni luce, due delle quali sono le famose Nubi di Magellano, nell’emisfero australe. Esse sono state battezzate col nome del navigatore portoghese, in quanto le descrisse nei suoi appunti di viaggio quando nella prima metà del Cinquecento circumnavigò la terra.

Le uniche galassie del Gruppo Locale visibili a occhio nudo sono proprio la Piccola Nube di Magellano nella costellazione del Tucano a 197.000 anni luce e con magnitudine apparente di 2,30 (Fig. 13), la Grande Nube di Magellano a 157.000 anni luce nel Dorado con 0,40 magnitudini, dunque di elevato splendore (Fig. 14), e Andromeda in Andromeda di magnitudine 3,50 a una distanza di ben 2 milioni e mezzo di anni luce da noi.

L’ammasso galattico più vicino al Gruppo Locale è invece il noto Ammasso della Vergine, un raggruppamento di 1500 galassie situato a 60 milioni di anni luce da noi nella costellazione della Vergine (Fig. 15).

 

Ilaria Sganzerla

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fig.12
fig.13
fig.14
fig.15

Immagini:

  • Figure 1-4: immagini ottenute col software Cartes du Ciel
  • Figura 5: www.astro.ucla.edu/~wright/milkyway.html
  • Figure 6, 9: http://web.williams.edu/astronomy/Course-Pages/330/MW.html
  • Figura 7: www.universetoday.com/50428/dark-energy-model-explains-hubble-sequence-of-galaxies/
  • Figura 8: http://abyss.uoregon.edu/~js/ast122/lectures/lec22.html
  • Figura 10: www.atlasoftheuniverse.com/localgr.html
  • Figura 11: www.gizarastro.it/m31_tlc_2008.html
  • Figura 12: http://apod.nasa.gov/apod/ap030924.html
  • Figura 13: www.aao.gov.au/images/captions/uks017.html
  • Figura 14: www.aao.gov.au/images/captions/uks014.html
  • Figura 15: www.atlasoftheuniverse.com/virgo.html

Fonti:

  • La Biblioteca di Repubblica, Collana “La Scienza”, 1. L’Universo, 2005
  • Mario Cavedon, Astronomia, Ed. Mondadori, 1992

Internet:

  • http://hubblesite.org/reference_desk/faq/
  • http://www.atlasoftheuniverse.com/milkyway.html
  • http://www.nature.com/news/galaxy-formation-the-new-milky-way-1.11517
  • Wikipedia - http://en.wikipedia.org/wiki/Milky_Way

 

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